With temporary lines

Valentina Bernabei
3 min readNov 22, 2020
HYURO (1974–2020) “ El Derrumbe “ ( The Collapse ) 2019 50x35cm. sketches x possible canvases

Una rosa è una rosa è una rosa, scriveva Stein. Il naso di un vecchio, invece, può essere disgustoso o no, a seconda di chi, di come e di quando lo guarda.

“Un sorprendente, stupefacente nasone bitorzoluto, grinzoso come una mela cotogna e gibboso come una patata in germinazione. Tale deformità, tuttavia, non è repellente, né menoma la dignità di quel volto”.

Chi. Bernard Berenson.
Come. Come guarda un critico d’arte, appunto Berenson.
Quando. Metà del secolo scorso; Berenson nacque negli Stati Uniti a fine Ottocento e morì in Toscana nel 1959. Berenson usava le suddette parole per descrivere un dipinto. Si trattava di una tempera su tavola di 62 centimetri per 46, realizzata da uno dei più grandi artisti rinascimentali, Domenico Ghirlandaio, databile al 1490 circa e conservato a Parigi, nel Museo del Louvre: “Ritratto di vecchio con nipote”. E la parola “vecchio” compare soltanto nel titolo dell’opera d’arte, non nel commento critico.

Vecchio, anzi “vecchia” è anche nel titolo di un libro uscito da poco: “Diaro scandaloso di una vecchia”, di Lina Agostini, edito da La Tartaruga.
Si legge a pagina 27: “Avevo chiesto a uno scrittore amico molto più vecchio di me: «Allora, com’è la vecchiaia?» Ancora non me la facevo con l’idea se, come e quando morire. Mi fermavo sulla soglia della fine. «È grigia.» Un colore. E tanto più vivi, più il grigio diventa nero.”

Vecchio è una parola che crea subito stigma, immondizia, piegamenti, pieghe. Soprattutto in Italia. Comprensibile che non sia soggetto scelto con facilità dagli artisti contemporanei. Soprattutto quelli occidentali.
La percezione del concetto di anziano e di vecchio cambia, oltre che a seconda dei tempi, anche a seconda di latitudini e longitudini, come tutto.
In Africa essere anziano significa avere un ruolo di capo villaggio, capo religioso, col rispetto che ne consegue; in America un anziano può vincere le presidenziali, con le polemiche annesse; in Italia può essere editorialista, pensionato consulente (che spesso significa ex lavoratore che non cede il posto fisso, uscendo dal portone ed entra dalla finestra, sempre strapagato), componente di spicco della XVIII legislatura. In Asia può essere soggetto di un’opera d’arte di un duo di artisti concettuali interessanti come Sun Yuan e Peng Yu, che vivono e lavorano insieme a Pechino e, nel 2007, hanno realizzato la serie “Old People’Home”, tradotto da noi sarebbe ospizio e se ne è iniziato a parlare e scrivere soltanto nel 2020, per cronache post pandemiche.
In Europa, infine, i vecchi, finiscono sui muri dipinti magistralmente e delicatamente da street artist che ci mettono la faccia, senza far rumore né imbrattare, e scompaiono troppo presto, come Hyuro, o in un libro come quello della Agostini, che a pagina 103 del suo Diario scrive: “Non voglio sentir parlare del pannolone. Sarebbe una resa senza condizioni. I vecchi sono le farfalle della sociologia. Dicono «anziani», ma pensano altro. Ci contano, ci misurano, decidono se siamo troppo pochi o già tanti”.

Sun-Yuan-Peng-Yu Old People’s Home 2007

Ps. Il titolo di questo post è anche un verso del brano di Glasser, Mirrorage.

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Valentina Bernabei

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