Una libreria che riceve la luce dalla parte giusta della parete, oltre che dal lucernario, progettata tenendo conto dell’esposizione dell’edificio in cui è collocata, della salvaguardia dei libri, della migliore fruizione per il lettore.
Una libreria inizialmente sottovalutata, assolutamente non valorizzata, quasi derisa, negata, rivalutata in seguito, carta di riviste di architettura datate alla mano, con le dovute scuse e ammissione di invidia per cotanta capacità (frase detta en passant, ma chiave di tutta la storia del film).
In fila per un pezzo di pane, almeno per il bambino, ma è troppo tardi, andate via, tornate domani. Un momento di una quotidianità drammatica che diventa inaspettatamente maieutica per un’amicizia tra due sconosciuti, di diverse storie, nascite, destini, colori della pelle.
Sono soltanto due scene distinte da The Brutalist, due tra le tante significative che dovrebbero portare il film di Brady Corbet, presentato all’81° mostra del cinema di Venezia, a ogni gloria imperitura che è necessaria per film come questo, e lo è da diversi punti di vista, di seguito quali e perché.
Dal punto di vista dell’architettura: il titolo del film viene da Brutalista, che è una corrente architettonica, degli anni Cinquanta… e basta? Sì, basta per dare il giusto valore a tutta l’architettura, quella prima e quella dopo, all’architettura tout court, raro ma non è un caso un film sia nato proprio intorno a questo, a questa potenza narrativa, visiva, esistenziale, sociale che deriva ogni volta da una questione architettonica, che è sempre anche questione sociale, territoriale, economica, artistica, civica, solidale, artigianale, umana, creativa, contemporanea, antica, ultramoderna. Il regista in conferenza stampa cita il bauhaus; precisa che purtroppo la storia del suo film è inventata…
Dal punto di vista del paesaggio: nel film, da una parte, di lato, c’è tutta la bellezza dell’Italia, il marmo di Carrara, Carrara, le cave, l’unicità dei materiali, dei dialetti, dei posti amati da chi può coglierne l’originalità esclusiva (nel senso di unica, non di escludente e superiore).
Dal punto di vista della religione: Lazlo Thon è ebreo, è chiaro sin dall’inizio e lo è parallelamente la discriminazione nei suoi confronti, anche proprio per la sua fede, oltre che per la sua intelligenza, la bellezza, la cultura.
“Cosa credi, di essere superiore perché sei bello e intelligente?” dirà il suo committente a Lazlo prima di compiere l’atto più ignobile che ci sia nei suoi confronti.
Dal punto di vista degli attori: incensare Brody è fin troppo facile e inutile che lo faccia io. Ma è bene ricordare che in conferenza stampa lui ha parlato di arte, dandole il giusto grande valore e ha aggiunto indicazioni biografiche che lo hanno portato a parlare di arte: figlio di una fotografa newyorkese, ma di origini ungheresi come il protagonista del film con il quale condivide anche avi rifugiati.
Dal punto di vista del cinema: la durata del film, che mai è stata indicativa in fatto di significati o meno (casomai di ego autoriale), in questo caso imprime ancora maggiore validita' al prodotto visivo, che si fa seguire senza un filo di noia da inizio a fine, intervallo compreso, per un totale di 215 minuti.
Ps: il titolo di questo post e’ anche un aggettivo scelto da De Gregori nel testo di Buonanotte Fiorellino, le foto sono state scattate a una abitazione qualsiasi dalla tipica architettura di Venezia Lido