S16

Valentina Bernabei
3 min readOct 26, 2020
MINOSHI GARDEN BY STUDIO OI, SPAZIO TENOHA

L’impressionismo è stato un movimento artistico nato e cresciuto in Francia, a fine Ottocento ma i grandi Manet, Monet, Degas, Renoir scambiarono le loro conoscenze non soltanto tra loro, inclusero altri artisti curiosi e viaggiatori, compresi isolani di altri Paesi. Così divenne impressionista anche il danese Kroyer (1851–1909). Il suo dipinto più celebre è Sera d’estate sulla spiaggia di Skagen, un pezzo della serie di opere realizzate nell’isola danese di Skagen, che divenne sede del circolo artistico omonimo.
I toni e le atmosfere di quella spiaggia bagnata dall’oceano, messi su tela da Kroyer, sono stati d’ispirazione per la stilista danese Cecilie Bahnsen per la sua collezione primavera estate 2021: centrale nella scelta dei colori per gli abiti, il tema della luce.
Bahnsen ha dichiarato di aver osservato anche le foto in bianco e nero del fotografo contemporaneo giapponese Hashimoto Shoko (1939) e aver ammirato i saturi colori delle installazioni dell’artista statunitense James Turrell (1943)
Tutte queste tonalità amate dalla designer, sono confluite oltre che nei modelli, nei tagli e nei tessuti della collezione, anche in una particolare trama paillettes 3d, realizzata in Svizzera, che, forse, come un artista fa coi suoi mezzi, pennelli, proiettori, o macchine fotografiche, è stata scelta dalla stilista come mezzo in grado di catturare tutte le luci e i colori intorno.

Non c’è 3d ma “soltanto” carta piegata a mano, secondo schemi precisi, seguendo la tradizione degli origami, nell’installazione Minoshi Garden, a cura dello studio svizzero Atelier Oi ma i fiori che la compongono, che appunto fiori veri non sono e infatti nascono da un soffitto, si muovono e cambiano colore lo stesso, come nuvole e creature eteree, per gioco di luci, all’interno di spazio Tenoha a Milano, fino ad aprile 2021.

Si muovono e cambiano di colore anche le spighe di grano che vere spighe non sono, infatti spuntano da un pavimento: è l’installazione dell’artista Sergio Fermariello (1961), che al centro del chiostro della Fondazione Made in Cloiser di Napoli (dove è il corso Hear, sua mostra personale fino al 31 dicembre) ha ricreato un campo di grano quadrato con 25 lastre in ferro, un travertino bucato e un soffio d’aria.

Sergio Fermariello, Made in Cloiser

Nei suddetti casi a far cambiare colore è più che altro la luce (come ben sanno i fotografi e i registi), ma anche una sapiente scelta dei materiali, come ben sanno gli artisti, siano essi pittori, scultori, stilisti.
Se la luce è una delle prime variabili da considerare per la percezione del colore, così come la fattura dei materiali, altrettanto importante e non scontata, è la temperatura.
Il primo genio creativo, in tempi non sospetti, ossia a fine anni ’80, a ideare un materiale che cambia colore in base al caldo/freddo è stato un designer italiano, bolognese doc, e si torna alla moda: lo stilista Massimo Osti (1944–2005), aveva creato l’ice jacket (1987): tecnologie, tessuti, luci e colori.

Ps: S16, titolo di questo post, oltre ad essere un elemento chimico è anche il nuovo album di Woodkid.

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Valentina Bernabei

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