Valentina Bernabei
3 min readFeb 27, 2022

LUCY IN THE SKY

“GET TOGETHER” — An exhibition by Oksana Mas in İstanbul @ ARTFACTORY

Prima della pandemia, tra i fenomeni che maggiormente caratterizzavano il nostro Paese emergeva senza dubbio quello migratorio.
“Il forte incremento della presenza femminile straniera, determinato sia dai ricongiungimenti familiari sia dalle maggiori opportunità di inserimento nel mercato del lavoro, ha influito sulla dinamica demografica complessiva, con forte impatto sulla consistenza e sulla struttura della popolazione nonché sull’andamento dei principali indicatori demografici” si leggeva come preambolo in un importante studio Istat antecedente al Covid19.

Da quel rapporto si evince che nel 2017 ogni 100 stranieri residenti circa 53 sono donne, in crescita rispetto al 2007. Questi numeri costituiscono quello che tecnicamente si chiama tasso di femminilizzazione dei fenomeni migratori ed è massimo per la comunità ucraina (80,8 per cento) e per quella polacca (71,7 per cento) e minimo per la comunità marocchina (40,0 per cento) e albanese (44,4 per cento).
In altre parole, nelle comunità da cui provengono più donne, sono molto spesso le donne che assumono il cosiddetto ruolo di breadwinner.

Chi, nonostante ricopra ruoli non secondari in aziende televisive statali, si lascia andare a “chiacchiericci” (cnf. Francesco) inopportuni e fuorvianti sulla provenienza ucraina, probabilmente non ha letto il succitato “La salute riproduttiva della donna” pubblicato nel 2017 dall’ Istituto nazionale di statistica.

Ma non importa, può sempre recuperare se non leggendo dossier, almeno vedendo una mostra, o un film. Significativo, per esempio quello presentato in occasione della recente 37° edizione del Torino Film Festival: Ultimo piano. Si tratta di un film collettivo diretto da 9 registi, con l’impegno di sessanta ragazze e ragazzi, realizzato con un lavoro corale al termine del percorso formativo alla Scuola d’Arte Cinematografica “Gian Maria Volonté”, produttrice del film, che è stato supervisionato dal direttore artistico della scuola, Daniele Vicari. Si tratta di un racconto di vite precarie, unite in un palazzo diroccato, nell’appartamento di un ex cantante punk dove, insieme al rider Mattia e una bartender italiana vive anche Diana, una studentessa al primo anno di Giurisprudenza, arrivata in Italia qualche anno prima con il padre dall’Ucraina. Non proprio una cameriera. Se anche il film è troppo, se il doc del 2015 premiato a Venezia (Winter of Fire)è troppo impegnativo, una visione più immediata la offre una bella mostra d’arte contemporanea. Recentemente conclusa “Fantastic Utopias” la bella mostra collettiva curata da Ilaria Bonacossa negli spazi restaurati dell’Ala Scaligera alla Rocca d’Angera, nell’ambito del progetto artistico promosso dai Principi Vitaliano e Marina Borromeo Arese.
Lì, era esposta Second Hand, opera dell’artista ucraina Zhanna Kadirova, realizzata con impalcatura, ceramiche raccolte da Darnitsky Silk Factory, cemento e legno. Praticamente un riutilizzo creativo con le piastrelle rimosse dalle pareti della fabbrica di seta Darnitsky Silk Factory, uno degli ex stabilimenti tessili in URSS. Zhanna Kadyrova fa parte del collettivo R.E.P. (Revolutionary Experimental Space) nato in occasione della rivoluzione arancione in Ucraina. L’artista ha esposto più volte anche in importanti biennali, anche a quella di Venezia del 2019, distinguendosi sempre per un uso super-colorato di ceramica e critica sociale. Sì, non proprio una badante.

Poi c’è un’altra artista ucraina, di cui a Venezia si sono viste più volte le sue opere, è Oksana Mas. Memorabile l’installazione all’interno della chiesa di San Fantin nel 2011. Fece dipingere un numero enorme di uova di legno, come vuole la tradizione ucraina del krashenki, a ricreare una specie di muro-pixel artigianali. A dipingere le uova furono chiamati intellettuali, carcerati, gente di diverse provenienze culturali e nazionali. Memorabile anche la sua mostra curata da Jeanette Zwingenberger che vidi all’Artfactory di Istanbul nel 2015, c’erano sculture, dipinti, installazioni, cross-mediali come le sue origini ucraine, polacche, ebree, russe, greche. Si proprio un’amante: dell’inclusione.

Valentina Bernabei
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Written by Valentina Bernabei

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