Land throw free throw

Valentina Bernabei
2 min readJul 25, 2021

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When Dad Does the Shopping, 2021, Genesis Belanger, Courtesy Perrotin

Movimento progressivo ma stagnante: è una caratteristica di questi tempi, un continuo ripetersi di restrizioni e passi avanti, indici da valutare in base alle riprese, di contagi e di economie, ma “movimento progressivo ma stagnante” è anche e soprattutto una costante del lavoro di Genesis Belanger, una sua cifra stilistica, direbbero gli addetti ai lavori. Scelta migliore non poteva essere fatta dal gallerista Perrotin, o da chi per lui, per presentare Another Man’s Treasure, mostra di Belanger (1978) a Tokyo dal 28 luglio negli spazi di Piramide Building (1F, 6–6–9 ROPPONGI, MINATO-KU), nei giorni delle XXXII Olimpiadi e fino a settembre 2021. Le opere di Belanger saranno visibili negli anni prossimi in due grandi mostre personali, nel museo della moda di Antwerp nel 2022 e al Blanton Museum of Art di Austin nel 2023. Quest’anno si potrà vedere oltre che in Giappone, anche in Europa, al The Consortium Museum di Dijon, in Francia.

Ma ora, quasi come memento mori, l’artista e il suo lavoro è a Tokyo, parallelismo in cortocircuito ai giochi olimpici: ci si muove e corre e salta da una parte, si giace immobili nelle sculture di Belanger.
L’artista usa la scultura per fotografare la società stereotipata, con critiche esplicitate a colpi di gres colorato e altri materiali usati con maestria e ironia, oggetti ravvisabili, familiari grazie al famoso consumismo di massa.
La mostra fa pensare anche al fatto che ci sono sempre due facce, come in ogni cosa e anche a Tokyo, quella delle belle divise di Armani, che ricordano le fasce e le vesti bianche che in alcune zone i giapponesi indossavano per la festa di Nomaoi, che si svolgeva proprio in questi giorni di luglio, e quella degli abiti usati alla stazione Ueno, raccontata magistralmente dalla scrittrice giappo-coreana Yu Miri. Il suo libro Tokyo — Stazione Ueno, tradotto e recentemente pubblicato anche in Italia dalla casa editrice 21lettere, vincitore negli Usa del prestigioso premio National Book Award per la letteratura straniera, recensito entusiasticamente dal New York Times, dal Guardian e dal Washington Post, è una storia in cui le vicende di Kazu, come quelle di molti senzatetto, diventano il pretesto per una critica sociale al mito del progresso, non solo giapponese, forse universale?

P.S. Come ha ricordato Francesco a mezzogiorno di oggi domenica 25 luglio 2021, i verbi utilizzati nei testi sacri sono: spezzare, dare, distribuire, dividere e condividere, non si usa moltiplicare. Era già una critica a un certo progresso? Una critica che non lo è ai giochi olimpici, che lo stesso Francesco ha menzionato come segno di fratellanza universale, all’insegna del sano “armonismo” ha detto il Papa.

P.S. Il titolo di questo post è anche un verso di un pezzo di Sudan Archives, Come Meh Way.

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Written by Valentina Bernabei

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