In your car and on your street
Los Angeles County Museum of Art, Gift of The Jane & Marc Nathanson Family Foundation © Ed Ruscha
Quattordici gradi sotto lo zero, indice di wind chill a meno 27 durante la notte del 15 febbraio: le temperature gelide di Oklahoma City non entrano in Oklahoma Contemporary, spazio multidisciplinare di arte contemporanea della città. L’ottimismo riscalda sin dalla prima opera allestita per la nuova mostra, da oggi fino al 5 luglio 2021: “Ok”, litografia del 1990 di Ed Ruscha (Omaha, 16 dicembre 1937), un segno beneaugurante che riprende l’ ok iniziale del titolo della personale “Okla”, che si rifa al nome della città che la ospita, Oklahoma, in cui l’artista ha vissuto prima di arrivare a Los Angeles. Molti aspetti di questa mostra sono perfetti: innanzitutto la sede espositiva, fondata filantropicamente da Christian Keesee e Kirkpatrick Foundation: ogni mostra ha ingresso gratuito per tutti e chiunque è benvenuto. Poi c’è un bel rigore dal punto di vista allestitivo, che fa risaltare le settanta opere senza sovrapposizioni e lasciando lo spazio adeguato e ben distanziato (oggi più importante che mai).
Perfetta l’articolazione in sezioni espositive tematiche, che ben mostrano l’eterogenea produzione di un artista come Ed Ruscha, che non si è risparmiato in visioni, sperimentazioni di media espressivi utilizzati: disegni, installazioni, foto, film, dipinti. Molti i materiali utilizzati, che vanno dall’usuale olio o acrilico su tela e pergamena, a una più rara acquatinta macinata al sapone fino alla cioccolata, vera protagonista dell’ultima sala della mostra, dove è stata allestita per l’ottava volta la “chocolate room”. Se nella prima parte del percorso espositivo ci sono continui giochi e rimandi testuali e non al termine ok, nella seconda sezione -Made in Usa- le cose si fanno più palesi, c’è l’Ed Ruscha più autentico. Segue una parete con la scritta 51 per cento angelo, 49 per cento diavolo che è un chiaro riferimento all’educazione cattolica dell’artista. La sezione Pop Origins lascia spazio ai riferimenti dell’infanzia di Ed Ruscha negli anni ’40, molti lavori si rifanno a fumetti (“Comics” del 1961) e pubblicità. C’è poi la parte forse più nota o più riconoscibile dell’artista, ossia US 66, in cui compaiono i tipici colori e paesaggi di Ruscha, la sua mitologia della rotta verso ovest, la guida verso quella direzione. In mostra c’è anche un video (Miracle, 1975) a parete intera ben fruibile con una panca.
La mostra è perfetta anche per la ben oliata organizzazione della campagna comunicativa: una ventina di persone, local e internazionali, interessate alla mostra, sono state raggiunte per email con adeguato anticipo di tempo e invitate alla virtual press preview del 16 febbraio con un tour guidato dal direttore artistico Jeremiah Matthew e introdotto dalle parole di Alexandra Schwartz. La tecnologia ha permesso di vedere ogni sala espositiva (senza freddo).
La mostra è perfetta perché sono di parte: Ed Ruscha è uno degli artisti che mi sono più simpatici, col il suo spaziare senza confini ma con una coerenza sempre riscontrabile. Trovai perfetta anche la sua mostra personale “Los Angeles Apartments” che vidi al Kunstmuseum di Basilea nel 2013.
Molte delle opere esposte a “Okla” provengono da collezioni importanti, tra cui Gagosian che ha dedicato, da poco, in una delle sue gallerie una personale ad Ed Ruscha. Tra i visitatori più attenti delle opere dell’artista c’è anche Flea, bassista co-fondatore dei Red Hot Chily Peppers, gruppo a cui è ispirato il titolo di questo post (dal loro pezzo The getaway).