Valentina Bernabei
4 min readDec 19, 2020

IL FUOCO DEL FORNELLO

Nacionalismo doméstico, 2003, un’opera del progetto “Nazionalismo domestico” dell’artista madrileno Mateo Maté, in mostra a La Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma fino all’08 -02 -2021.

Gli alunni felici, i genitori in suv degli alunni felici, i parcheggi dei suv in doppia fila sulla piccola curva del quartiere pinciano che lambisce il rione Ludovisi, una salita dolce che porta (anche) all’ufficio adozioni internazionali, per bambini che si spera diventeranno poi anch’essi alunni felici. Magari senza più pandemie a forzare una fredda e caduca didattica a distanza, per lasciare la libertà di giocare alla calda e imperitura luce solare di quella porzione di parco che, oltre a essere stato in passato set del film di De Sica, il Giardino dei Finzi Contini, è ancora set quotidiano di ricreazioni scolastiche per chi ha scelto la scuola francese.

“A villa Strolh-Fern la tortora fa il verso a un avverbio di luogo: ku, ku, ku; dove? Dove?in lingua parsi, secondo il grande Omar Khayyam” scriveva Valentino Zeichen (Fiume, 24 marzo 1938 — Roma, 5 luglio 2016) nella prima strofa di Villa Strolh-Fer, poesia che torna in mente se, per arrivare in viale delle Belle Arti si opta per un percorso laterale, a piedi da Piazza del Popolo, costeggiando Villa Borghese.
Così prima di passare, tra echi Bassaniani, davanti alla scuola parco di villa Strolh-Fern, si nota dapprima in basso la fissa presenza dei venditori ambulanti bengalesi, salendo, un cantiere stradale in più e, andando su, un senza fissa dimora che in passato sceglieva altri luoghi, poi, qualche studente uscito prima, qualche genitore dubbioso, e, infine, si arriva alla scalinata che porta direttamente a Valle Giulia.
Lì si allena tra una pioggia fina e un raggio di sole un tipo in tuta tecnica che anziché fare step indoor scende e risale di continuo una porzione di scale borghesi, e, da quelle scale borghesi, si vede in tutta la sua maestà La Galleria Nazionale.

E’ la galleria per antonomasia di Roma prima che dell’Italia e dell’Europa, un appuntamento fisso dal ‘900 ad oggi, non solo per addetti ai lavori ma anche per la città intera, per i romani, per gli stranieri, per i turisti, per gli innamorati, per gli adolescenti che correvano chiassosamente tutte le notti lì intorno con la minicar prima dei coprifuoco, per i poeti, prima degli anni 2000, un trampolino per artisti che da lì sono arrivati in cima alle quotazioni internazionali, una sede espositiva che ha cambiato spesso identità, incontrando, come ogni volta che si compie un passo in avanti, un po’ di reticenza e ostilità.

L’odierna personalità dell’ex Gnam, che per andare avanti ha mutato innanzitutto il proprio nome, è quella di una Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea che non dimentica i gioielli in collezione ma accoglie artisti e visitatori nuovi, che sanno raccontarci i tempi che stiamo vivendo, come è il caso della nuova mostra, ora in corso e fino al primo anno: il pubblico la potrà vedere appena terminate le restrizioni.
Più che una esposizione personale, è un progetto, quello dell’artista spagnolo Mateo Maté (Madrid, 1964), un intervento che tocca i luoghi di passaggio della Galleria, senza una vero e proprio spazio delimitato in una stanza del museo ma in più punti, come in una casa abitata.
La prima opera in mostra, per esempio, si nota solo alla fine, quando si sta per andare via, dal momento che consta in una video e una bandiera allestita proprio sopra la porta di ingresso (adiacente all’uscita) del museo.
Una bandiera tra le tante, presenza costante di questo progetto, in linea con il titolo: “Nazionalismo Domestico”.
Sventola la bandiera, ma è una tovaglia?
L’ironia dell’artista smussa la seriosità di temi sociali e antropologici che riguardano la geopolitica ma lo fanno da un lato umano, dalla sfera domestica, privata e personale che rifugge dalle dinamiche di potere pur conoscendole, osservandole e rielaborandole in opere d’arte concettuali mai così attuali come in questo 2020. Una serie di tavoli in legno attaccati, che hanno la forma della penisola iberica e dell’Italia confinante, più in là la fuoriuscita Gran Bretagna.
Alle pareti ci sono video e mappe realizzate con una grafica quasi asettica, a sottolineare la potenza concettuale delle opere più che il loro lato estetico, che interessa meno all’artistà.
Una scelta consapevole dietro un apparente disinteresse che non fa diventare il lavoro di Maté meno riconoscibile, anzi al contrario lo caratterizza definitivamente così, glocale, più che globale, davvero in linea con il titolo, nazionalista domestico.

NACIONALISMO DOMÉSTICO I (Spain) 2004 Nazionalismo domestico. Un progetto di Mateo Maté
Valentina Bernabei
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Written by Valentina Bernabei

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