Everybody want safety

Valentina Bernabei
3 min readNov 7, 2020

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Galleria Borghese, Roma. Photo Courtesy: Fabio Gasparri. Galleria Borghese: 572.976 visitatori nel 2019

Novembre e dicembre, così come gennaio e febbraio sono i mesi dell’anno in cui i musei hanno meno visitatori, con cifre inferiori al milione.
Per la precisione è 959.725 il numero delle persone, totale tra paganti e non paganti, che sono entrate nei musei italiani a novembre dello scorso anno. Il dato è rilevato dall’ufficio di statistica della direzione generale bilancio del Ministero per i Beni e le attività culturali per il turismo. Si tratta di una rilevazione annuale su Musei, Monumenti ed Aree Archeologiche Statali in cui si nota anche che il mese con picco massimo di visitatori è raggiunto ad aprile, con 1616732 visitatori. Così come nel 2019, la stessa flessione negativa c’è nel novembre 2017 (813.601 contro i 1657 ad aprile) e nello stesso mese del 2018 (941.425 contro i 1650 nel quarto mese dell’anno).

Alla lettera “r” del comma 9 dell’articolo 1 del DPCM firmato il 3 novembre 2020 dal Presidente del Consiglio, si legge che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale, “sono sospesi le mostre e i servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
Andando a rileggere l’articolo 101 del codice a cui il decreto fa riferimento si trova nero su bianco che “sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali” dove si intende per “museo” una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio.
Nello stesso codice dei beni culturali si precisa che “gli istituti ed i luoghi di cui al comma 1 che appartengono a soggetti pubblici sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico” e che “le strutture espositive e di consultazione nonché i luoghi di cui al comma 1 che appartengono a soggetti privati e sono aperti al pubblico espletano un servizio privato di utilità sociale”.

Detto ciò, torna attuale e utile uno dei diversi contributi raccolti nel primo anno (2013) di attività del GSA (Gruppo di Studio e Attenzione) dell’accademia italiana di economia aziendale, quello sulla gestione dell’azienda museale nella prospettiva delle logiche istituzionali.
Gli autori del suddetto studio, Roberto Ferrari e Alessandro Hinna, si concentrarono sulle istituzioni museali della Lombardia e partirono dal fatto che “i musei sono da tempo considerati aziende di particolare interesse, essendo simultaneamente caratterizzati dall’orientamento alla sopravvivenza, dal perseguimento di finalità istituzionali (di natura pubblica) e dalla combinazione di servizi con e senza rilevanza economica. (…) Pertanto, da molteplici prospettive d’indagine, i musei sono stati spesso al centro di analisi organizzative tese ad enucleare, tra le varie questioni, sia le modalità con cui diverse istanze (culturali istituzionali e commerciali) convivono e si scontrano col museo, sia le relazioni di stimolo o spinta che il contesto (tecnico, sociale, istituzionale) può determinare, sia il ruolo che diversi profili professionali esercitano nell’orientamento dei musei. Tuttavia, è questo un filone di ricerca che non trova uno sviluppo organico nelle varie discipline scientifiche, fatta eccezione per la sociologia”.

Osservando i dati statistici raccolti dal Ministero sui musei, considerando le giuste osservazioni che includono le istituzioni museali in logiche aziendali, leggendo il dpcm che cerca di frenare i contagi, trova senso e logica la decisione di chiudere i musei senza, al tempo stesso, classificarle come “attività produttive non essenziali”: i musei sono molto altro, sono molto più, sono appunto aziende e come molte aziende altre italiane che chiudono in questo periodo di quasi lockdown, è giusto che lo facciano anche gli organismi che afferiscono alla cultura, parte produttiva di questo Paese.

P.S. Il titolo di questo post è anche un brano di “Edward Sharpe and the Magnetic Zeros”, Man on fire

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