Another place

Valentina Bernabei
3 min readAug 5, 2020
Bianco Sunnei, SS20 Show. Ph Instagram Sunnei

“Ognuno al bordo del proprio territorio guarda e può imparare dal territorio dell’altro solo se conserva i fondamenti della propria identità” scriveva nel 2011 l’architetto Vittorio Gregotti a pagina 48 del libro “L’architettura di Cèzanne” (Skira) in cui si parla di luoghi, geologie, messa in discussione di pratiche e riferimenti alle arti.

“Un conflitto sociale sui generis, lungi dall’esprimersi alla vecchia maniera negli scioperi, nei cortei o nei grandi comizi politici, si manifesta nell’occupazione selvaggia degli spazi pubblici, nel raid violento, nel vandalismo ai danni delle scuole, della segnaletica stradale o dei mezzi di trasporto” scriveva un editorialista sul Corriere della Sera il 28 luglio 2020, a proposito di disagio, disuguaglianze, aggiungendo anche che: “così non meraviglia che tra i vari scopi a cui destinare la pioggia di soldi che dovrebbe arrivarci da Bruxelles, il risanamento delle periferie è virtualmente scomparso”.

In realtà a Bruxelles l’attenzione alle periferie è ancora all’ordine del giorno, sia per conservatori che per progressisti. Ne è testimonianza, per esempio, un documento (bozza di parere) del Parlamento Europeo che riporta proprio la data di fine luglio 2020: “draft opinion of the committee on employment and social affair for the committee on budgets on the general budget of the european union for the financial year 2021- all section (com (2020)0300–2020/1998(BUD)” che parla, al punto 10, di “Emphasises the importance of budgetary accountability and prioritisation when delivering true value for money for EU citizens, including a stronger focus on evidence- based policymaking and special attention to social, regional and territorial disparities”.

Nel succitato editoriale viene posto (e risposto) anche un quesito: “da dove pensiamo mai che provengano in larga maggioranza le turbe di giovani che dappertutto stanno agitando le notti italiane di questa estate? Da dove, se non dalle invivibili periferie, dagli sperduti quartieri dormitori, dalle strade male illuminate che finiscono nel nulla? Ormai è diventato un rito. Al calar d’ogni sera, specie nel fine settimana, quei giovani si rovesciano nelle piazze, nei centri storici delle città, e sembrano farlo come posseduti da un desiderio di rivalsa che oggi si manifesta nella volontà d’infrangere tutti gli obblighi e le precauzioni sanitarie, di farsi beffa in tal modo di ogni regola di civile convivenza. Li muove, si direbbe, quasi il torbido proposito di seminare il contagio, d’infettare la società «per bene» insieme ai posti che essa abita”.

In realtà, basta vedere Favolacce, il secondo pluripremiato film dei fratelli D’Innocenzo (miglior sceneggiatura al festival di Berlino 2020, miglior film Nastri d’Argento 2020), per farsi un’idea di come i giovanissimi nel quartiere periferico di Roma Spinaceto provano semmai a provocare danni (e senza colpe) nelle loro zone, dalla scuola alle villette, senza bisogno di recarsi in centro; hanno persino la piscina prefabbricata che Bruno (Elio Germano) mette a disposizione di tutti i coetanei dei figli (in realtà molte scene sono state girate nel complesso residenziale Lydia di Nepi, provincia di Viterbo, ma poco cambia ai fini del film).

Il contagio (come pure aveva già illustrato Walter Siti nel suo libro, anche se quest’ultimo ha ancora più assonanze con il primo film dei D’Innocenzo, La terra dell’abbastanza) rimane tutt’interno alla periferia, persino quando si tratta dei pidocchi attaccati nella piscina di Bruno.

Un anno fa, nella periferia di Milano Lambrate Rubattino, una coloratissima sfilata di moda si svolgeva sotto i pilastri della tangenziale: il brand Sunnei presentava così il suo progetto di rigenerazione urbana, facendo nascere così una nuova area, “Bianco Sunnei”, una galleria all’aperto che doveva essere uno spazio vuoto da riempire con iniziative multidisciplinari del marchio, poi non iniziate a causa delle restrizioni post Covid.

Nessun conflitto sociale sui generis, al di fuori di editoriali, per fortuna, si è (ancora) visto.

ps. Antother place è scritto anche nel brano Ghetto Supastar (That Is What You Are) di Pras

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Valentina Bernabei

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